Il giorno 21 novembre gli studenti della IV C hanno incontrato la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia /Odos di Bolzano.

Ogni anno, a partire da novembre, la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia organizza una serie di iniziative nazionali dedicate a un progetto che vuol far incontrare il Carcere e la Scuola, con l’avallo del Miur.

Due mondi che si devono conoscere e confrontare, per riflettere insieme sul sottile confine fra trasgressione e illegalità, sui comportamenti a rischio, sulla violenza che può nascondersi dentro ogni persona e sul valore educativa della pena detentiva.

Alessandro Pedrotti, rappresentante della Conferenza, ha proposto ai ragazzi un laboratorio sui temi della colpa, della responsabilità, del reato, della giustizia, del carcere, e in particolare sulle possibilità che consentono alle persone che sono state condannate di utilizzare il percorso detentivo per reinserirsi nella società, secondo i nostri principi costituzionali.

I ragazzi, inoltre, hanno ascoltato in video la testimonianza di Francesco Viviano, giornalista inviato della Repubblica, nato a Ballarò, un quartiere a rischio di Palermo, il cui padre è stato ammazzato dalla mafia, perché era semplicemente un ladro che aveva rubato laddove non doveva. Viviano ha raccontato di come il suo destino, quello di seguire le orme del padre e del nonno, sembrava fosse segnato e ha spiegato che a fare scelte criminali non sono i mostri ma persone cresciute in ambienti dove essere onesti e costruirsi una vita decente sono scelte terribilmente complicate, e che lui è riuscito a salvarsi grazie all’esempio di sua madre, che per lui è valso più di dieci trattati di sociologia.

Dopo alcune riflessioni, gli studenti hanno, infine, ascoltato la testimonianza del sig.XY , un signore che ha accompagnato il sig. Pedrotti, per tutto il tempo del laboratorio, dall’aria distinta e perbene, condannato per alcuni reati non gravi, sottoposto a una pena alternativa alla mera detenzione in carcere, ritenuta idonea per lui, e che ha risposto alle domande degli studenti: in particolare, egli non si sarebbe mai potuto immaginare di incorrere in una condanna penale, ma gli è successo. Particolare significato ha altresì assunto per gli studenti la sua testimonianza sul significato del percorso educativo che sta seguendo: espiare la propria condanna al di fuori delle strutture carcerarie dedicando il proprio tempo, anche prezioso, alla collettività assume una maggiore validità rieducativa nonché riparatoria nei confronti della società.

Alcuni giorni prima del laboratorio, gli studenti hanno affrontato, con l’insegnante di diritto, la lettura di alcuni articoli tratti dal giornale annuale della Conferenza Nazionale Giustizia e Volontariato, redatti attraverso il metodo dell’intervista biografica, per esplorare i sentimenti, le aspettative, le speranze delle persone detenute.

L’insegnamento che i ragazzi hanno tratto da questa esperienza è che talvolta è sufficiente qualche comportamento superficiale per rischiare di subire una condanna penale; che molte persone detenute non sono criminali, che la pena restrittiva della libertà personale, per essere giusta, deve mirare a responsabilizzare la persona che ha commesso il reato dandogli la speranza di poter essere libera e capace di costruirsi una vita onesta; che molte volte le pene alternative al carcere sono molto più giuste ed efficaci del carcere stesso.

Il laboratorio sarà affrontato, durante l’anno, anche dalle altre classi IV della scuola e rientra nel progetto di Cittadinanza e Costituzione dell’Istituto.